SMALL MOVES, SPARKS

Foto di Iglucraft su Unsplash

E’ passato molto tempo, un anno intero, perchè io abbia avuto di nuovo tempo e desiderio di scrivere su questo blog. Le motivazioni sono molte: la prima, sicuramente, è che la comunicazione online ormai è diversa dai tempi in cui avevamo il blog come unica finestra verso il mondo – io sono una di quelle che aveva il blog su splinder, ed il titolo di questo articolo, di cui parlerò in seguito, contiene il mio primi, primissimo nickname sul web: Sparks, Scintilla, mi firmavo così.

Quindi, preferisco di gran lunga utilizzare le Stories di Instagram, perchè sono immediate, perchè mi piace fare foto (e non reel, credo di non averne mai fatto uno) e perchè attraverso queste posso tenere un filo quotidiano con chi seguo e con chi mi segue; poi c’è la newsletter, amatissima, che ancora scrivo, non in maniera assidua, con molte pause, ma scrivo, con cura, dedizione, perchè l’idea della lettera è sicuramente quella che più mi piace.

Eppure, non ho mai chiuso questo blog: è come se fosse una radice, a cui tornare, dalla quale prendere nutrimento. E’ una pagina bianca attraverso la quale riflettere, fermare le cose, appuntarne altre, per non dimenticarle.

Chi mi segue sa che in questo ultimo anno ho ripreso appieno anche il lavoro teatrale, affiancandolo al mio lavoro di educatrice, sia con spettacoli miei che con laboratori alle scuole; che abbiamo debuttato con uno spettacolo dedicato a Cappuccetto Rosso con la compagnia Le Ortiche, composta da performer con disabilità, e che vogliamo portarlo in giro più possibile; che nella nostra casa è arrivato un cucciolo, Nebbia, un piccolo husky che aveva iniziato in questa vita in una grande difficoltà, e che abbiamo deciso di salvare e di adottare, per allargare questa famiglia composta più da animali che da esseri umani.

Composta da radici, foglie di quercia, orti imprevisti, composta da cene condivise in nidi familiari, alleanze vicine e lontane, composta da chi si riconosce e si vuole bene, e non teme di dirselo, di stare vicino, ti trovare un momento per lo scambio, anche solo con un messaggio vocale, una parola, un piccolo dono.

Non volevo scrivere un post di bilancio fine anno/inizio del nuovo, perchè per me la fine dell’anno è segnata dal 31 di Ottobre – e non tanto dai folli botti che, quest’anno, sono stati scoppiati anche vicino al bosco, qui in questa manciata di case che si era sempre salvata dalla violenza di questa pratica. Forse sembra un post così: forse le è. Anche perchè, inevitabilmente, in questo periodo c’è una riflessione spontanea, che viene dall’inverno, dall’introspezione, dai pomeriggi da sola a leggere, a scrivere, a sognare.

Nell’anno passato ci sono state milioni di cose belle: sono natƏ bambinƏ di amicƏ, abbiamo fatto spettacoli e raccontato fiabe, conosciuto persone nuove, bellissime, preziose; l’orto ha donato zucchine e pomodori fino ad ottobre, e abbiamo fatto il pane e cucinato sulla cucina economica, anche d’estate; le susine sono state tantissime, raccolte e fatto marmellata; i bigliettini di amore della mia nonna ci sono stati anche questo Natale, e ne sono grata, gratissima; sono nati progetti condivisi, grandiosi, immaginifici, che ci porteranno ancora a sognare, a creare, ad agire nel mondo con poetica ed arte e politica; i miei libri e i miei mazzi di tarocchi sono stati pubblicati, e altri sono in progettazione, e anche questo è bellissimo.

Foto di Kieran White su Unsplash

Ci sono stati anche dei dolori, certo: sarebbe assurdo se non fosse così. Quello che a me ha maggiormente colpita sono stati certi atteggiamenti, qualche distanza inspiegata, che mi ha fatto male – in questo il mio essere PAS sicuramente influsice, perchè non riesco a farmi scivolare di dosso le cose, ma ci penso, ci ripenso, le trattengo, probabilmente ci rimango male più del dovuto. Eppure, al girare di questo tempo, voglio imparare a dare sollievo a questo mio essere, permettermi di essere sensibile ai comportamenti altrui anche più del dovuto: voglio celebrare chi invece si prende cura della relazione, di chi la nutre e la vivifica. E’ molto più coraggiosoquesto stare, questo esistere nelle relazioni – mi riferisco all’amicizia, ma comunque sia, in generale – che invece lasciare che il tempo passi, rispondere in maniera sintetica, non essere presente. Io vorrei questo coraggio gentile, nel porssimo anno, quella forza che non spinge ma accoglie, che accarezza: vorrei quelle piccole mosse small moves, Sparks, come si dice in Contact, film di Zemeckis da me molto amato – piccole mosse che mi permettano il sostare, il sognare, il recupero, il ricamo sottile dei minuti, del dare importanza alle cose che contano.

La mia parola per l’anno 2023 non l’ho ancora trovata, ma so che ha a che vedere con questa frase – small moves -, che ha a che vedere con la lentezza, la cura, la decompressione, lo sguardo attento. Che ogni persona che legge possa avere la sua lucina, personale, come una lucciola attraverso i giorni.

SENTIRE DI INVERNO

Questo è il tempo della radice, delle ossa, della terra. Esco nel bosco: tutto sembra dormire. Le foglie sono dimenticate sui rami, quelle che non sono cadute. Le altre hanno fatto tappeto per i nostri passi, suonano nel bosco come la carta del pane. Mi immergo nell’inverno, la stagione nella quale sono nata, quella stagione che ci porta al centro di noi stesse, se la ascoltiamo, se ci concediamo il lusso di rallentare, fare meno, aspettare. Proprio come fa il seme sotto terra, che aspetta, che riposa, che sogna.

CONOSCERE LE RADICI

Le piante che sento vicine in questo periodo sono quelle di radice. Non mi piace raccoglierle, l’atto di sradicare una pianta è una pratica che preferisco non fare – eppure, alcune piante conservano proprio nella radice la maggior parte dei principi attivi. Allora, mi dico, posso raccoglierne solo dove ce ne sono molti esemplari, per consentire una crescita migliore delle piante che restano.

Una delle piante di questo periodo è la Consolida (Symphytum officinale), che già nel suo nome parla di sé. Consolida, colei che salda, riunisce, mette insieme. La pianta che nella radice è ricca di allantoina, quella sostanza che ripara la pelle, la rende tonica ed elastica, favorisce la riparazione delle fratture. Nel tardo autunno la pianta perde le sue foglie e concentra le sostanze nelle radici: possono essere raccolte anche nei primi giorni di inverno, avendo individuato dove crescono le piantine. Allora si raccolgono le radici, si sbucciano e si frullano fino ad ottenere una crema omogenea. Poi, si mescola questa crema con una uguale quantità di burro di karitè e si cuoce lentamente in un pentolino a bagnomaria. Infine, si invasetta e si usa su stiramenti, edemi, fratture che non sono ingessate. Curiamo la nostra struttura e possiamo chiederci: cosa deve essere riparato?

L’inverno è un buon momento per fare introspezione, riflettere mentre ci prepariamo una cioccolata calda, sognare sotto ad una coperta morbida. Preservare spazi di solitudine, che nutriranno la nostra radice personale, e condividere tempo con persone care; direi con la nostra tribù, con coloro che ci fanno sentire a casa durante il periodo più buio dell’anno. Accendere candele e stare nel calore del nostro nido.

FARE IL PANE

Fare il pane è una pratica di inverno. Noi prepariamo il nostro pane durante tutto l’anno, con la pasta madre che nutriamo con molto amore, quindi non è una pratica solo invernale: eppure, fare il pane a me sa di inverno. Perché per fare il pane devi avere tempo: di preparare la tavola, di impastare bene, a lungo, infilando le dita nella pasta e sentendo il suo calore, come si modifica, quando è pronta – e lo decide lei. Poi devi aspettare che lieviti, magari mettendo la ciotola, coperta con un panno di cotone, sulla mensolina sopra la stufa a legna; aspettare che lieviti, mentre la legna di castagno canta nella stufa, scricchiola, si stiracchia, parla la lingua del fuoco. In inverno mi piace fare il pane con i semi: girasole, zucca, sesamo, per ricordare quelli che stanno sottoterra, vivi, presenti, memoria del futuro.

Noi il pane lo facciamo così:

si sciolgono 200 grammi di pasta madre con 100 grammi di acqua tiepida e altri 200 grammi di farina. Questa è la biga, la pasta madre rinfrescata, che dovrà raddoppiare il suo volume nelle prossime cinque o sei ore. Va bene anche tutta la notte, così da poter impastare il pane la mattina dopo. Una volta che è lievitata, ne mettiamo circa 200 grammi via, in un vasetto da riporre al fresco, per la prossima panificazione: aggiungiamo 600 – 700 grammi di farina (di solito manitoba + farina 0 a seconda di quella che abbiamo) e semi, spezie, erbe… Si impasta con acqua tiepida quanto basta e si mette a lievitare circa 6 ore. Poi si impasta una nuova volta, velocemente, si dà la forma al pane e si lascia lievitare un’oretta.

Adesso è possibile cuocerlo nel forno: i primi 10 minuti a 220 °C, i successivi 10 minuti a 180° C e poi a 150°C per un’altra mezz’oretta.

Intanto, puoi prepararti una tisana, guardare fuori dalla finestra il tempo che cambia, annusaare il profumo del pane che cuoce.

LE MAGIE DI INVERNO

Cola una candela. Inizia un diario segreto. Impara un nuovo punto con l’uncinetto oppure a maglia. Tieni una serata a veglia i tuoi amici, raccontando storie vere e fiabe e sogni. Fai il pane. Scegli bulbi da piantare a febbraio. Essicca radici di consolida e tarassaco. Saluta gli alberi mentre dormono. Prepara tè speziati, con il latte alle mandorle, da bere prima di dormire, mentre osservi la luna di inverno. Leggi romanzi avvincenti, e fiabe dei luoghi freddi del mondo. Conserva i tuoi spazi di solitudine come bene prezioso. Scrivi, condividi, fai fotografie al cielo di inverno. Ricorda i tuoi sogni. Sogna molto.