NEL CENTRO DEL LABIRINTO: LABYRINTH, FEMMINISMO E IMMAGINAZIONE

Di solito non ho molta memoria per i libri che leggo o per i film che vedo. Devo rivederli molte volte, prima di ricordarmi tutte le scene, così come per i libri – infatti quelli molto amati li ho letti e riletti più e più volte.

Di Labyrinth, uno dei miei film preferiti da piccola – e che continua ad esserlo anche adesso, da grande – ricordavo soprattutto la scena finale, e quella battuta che Sarah (Jennifer Connelly) fatica a ricordare all’inizio della sua avventura: tu non hai alcun potere su di me. Mi restava impressa fino da bambina, più della Magic Dance o degli strambi personaggi che popolano il labirinto, uno su tutti, Ludo o Bubo nella versione italiana.

Per chi non avesse visto il film, consiglio caldamente di recuperarlo: non posso credere che ci siano persone che ancora non lo hanno visto, ma se così fosse, correte subito ai ripari. Eppure, il fatto di averlo visto da bambina, da ragazzina e poi da adulta (più volte) è stato fondamentale per me, anche se fino a ieri sera, durante una ulteriore visione, non avevo capito bene perché, o ancora meglio, come.

Mi piaceva molto, oltre a quella formula magica – tu non hai alcun potere su di me –  anche il fatto che Sarah non si innamora di nessuno, durante la narrazione. Finalmente! Una favola in cui la protagonista non deve essere risvegliata da un principe, o sposata, o e vissero tutti felici e contenti. No, Sarah sceglie di essere indipendente dal romanticismo. Questa cosa mi piaceva moltissimo, e credo che abbia contribuito in parte a formare la mia personalità da ragazzina. Forse perché ero figlia di genitori separati, mi riconoscevo nella Sarah all’inizio del film: lei vive una vita immaginaria, nella quale si traveste da principessa ma per reclamare il bambino rapito dal Re dei Goblin e non per vivere per sempre, ovviamente felice e contenta, al suo castello. Oggi vedo un piccolo seme femminista in questo film, che ha comunque una protagonista bianca, abile, magra, cis, è vero, ma comunque femmina: non ho ricordanza di altri film di quegli anni nei quali la protagonista (non l’amica, l’innamorata, la sorellina ma la protagonista!) fosse una ragazza. Erano sempre tutti maschi.

Qui invece è una giovane donna che affronta il labirinto, impara e cresce e infine sconfigge l’oscuro ed affascinante Re dei Goblin con la consapevolezza del suo viaggio e di essere quella che è. Anche la figura di Jareth è estremamente affascinante: probabilmente è proprio con questo film che ho conosciuto David Bowie, ed il suo essere così fluido, così ambiguo, mi catturava già ai tempi. Il labirinto nel quale Sarah compie la sua avventura è davvero un luogo dove tutto è possibile, come recita il sottotitolo del film. Altro elemento interessante, e che emerge proprio all’interno del labirinto: qui non sempre le cose sono giuste. Sarah si lamenta di questo, all’inizio del suo viaggio, ma via via che procede capisce che no, le cose non sempre sono sempre giuste. Sarah (e io con lei) comprende che in un mondo perfetto forse tutto è giusto e non esiste ingiustizia, ma nel mondo reale si, le cose sono ingiuste: sono le azioni che facciamo nei vari contesti che fanno la differenza e che possono ristabilire la giustizia.

La scena del ballo in Labyrinth

Ad un certo punto Sarah viene drogata e si ritrova ad una festa carnevalesca, nella quale è vestita come una principessa e durante cui Jareth cerca di sedurla. Qui da ragazzina, mi dicevo: oh no, ecco, adesso lei si innamora di lui. Non mi sarebbe piaciuto per nulla. Ed invece, Sarah rifiuta la seduzione del re magico perché si ricorda quello che stava cercando: come viene detto sin dall’inizio del film, se non poni la domanda giusta, se non sai dove andare, allora finisci nei guai. Ma se finalmente sai chi sei, conosci te stessa, hai consapevolezza del tuo potere, allora non possono esistere sogni confezionati per te, vestiti da principessa o mondi fantastici. Solo tu puoi creare il tuo mondo, attraverso le tue scelte e le tue azioni.

Così arriviamo alla scena finale, ed al monologo di Jareth: lui dice alla ragazza, che è arrivata al centro del labirinto dopo rischi indicibili e traversie innumerevoli, di essere stanco, di aver fatto tutto questo (il gioco, il labirinto) per lei, di essere stato generoso, in un vero e proprio gaslighting. Ma Sarah non cede, resta radicata nel suo potere. Così vince, torna a casa cambiata da questa esperienza, senza rinunciare al suo potere principale, ossia l’arte, l’immaginazione, la fantasia.

Labyrinth, locandina di Daniel Norris

Forse era questo finale la cosa che più mi colpiva, e che mi colpisce, ancora: il potere della parola, il potere personale, la piena consapevolezza. Prima di pubblicare questo post ho scritto sul mio profilo Facebook che ci stavo lavorando, e in moltissime hanno risposto dicendo che era anche il loro film preferito da piccole.

Credo che la motivazione sia profonda: in Labyrinth Arianna si riscatta, Persefone spezza le sue catene. La me ragazzina non conforme, perché troppo magra, bruttina, con gli occhiali e l’apparecchio, con i genitori separati in un’epoca dove questo era molto raro, con una sensibilità ad alcuni stimoli esterni molto acuta (solo da adulta ho scoperto di essere PAS, Persona Altamente Sensibile) si sentiva riscattata da Sarah, invincibile perché se stessa, senza bisogno di un principe o di un castello.

Da adulta ripasso la lezione, e voglio ricordare a me stessa ma anche a tutte le altre persone che si sono trovate in situazioni simili, che nessuno ha davvero potere su di noi. Solo noi stessə possiamo decidere delle nostre azioni, seguendo la strada che ci porterà al centro del labirinto e quindi alla nostra piena essenza. Senza timore e soprattutto ricordandoci dei nostri poteri.

You remind me of the babe
(What babe?)
Babe with the power
(What power?)

Power of voodoo

(Magic dance, David Bowie in Labyrinth)

Se vuoi approfondire i simboli e il folklore che trovi nel film, questo è un ottimo articolo

Sulla visione femminista del film puoi trovare materiale:

Qui, qui e qui