DI COSA PARLO QUANDO PARLO DI TEATRO (E DI LUNA)

Il teatro è stato, sempre, la costante della mia vita. Fin da piccola, quando a nove anni vidi Ottavia Piccolo che recitava in Anna dei Miracoli. Lì, in quella seggiolina del teatro, dove mi aveva portata mia mamma, decisi: da grande farò l’attrice.

Così è stato, ma non mi sono fermata lì: nella mia vita sono entrate le piante, i Tarocchi, i fiori d Bach e molte altre passioni che fanno di me una multipotenziale. Solo da poco ho scoperto questa categoria, alla quale mi sento di appartenere pienamente e dalla quale mi sento riconosciuta.

In questo periodo il teatro è tornato nella mia vita, perché io stessa gli ho aperto di nuovo la porta. In questa fase però non sono più l’attrice che porta il suo personaggio sul palco, ma sono colei che aiuta le persone a tirare fuori la loro parte più autentica e splendente, anche attraverso la recitazione. Mi sto occupando di teatro come formatrice, in vari progetti e laboratori, e la scuola di Gestalt Counselling che seguo prevede un contatto pieno con questa arte.

Il teatro per me è come la Luna con le sue fasi. In alcuni momenti, brevissimi, è scomparso dalla mia vita – pensavo anche di averci chiuso definitivamente. Ma non era così: piano piano la Luna è cresciuta, ed è diventata piena, splendente. Mi indica la strada.

Giovedì prossimo terminerò il ciclo di laboratori che ho realizzato al Circolo HoChiMinh di Porta al Borgo, a Pistoia. Sono stati quattro incontri, come le quattro fasi lunari. Ogni incontro era dedicato ad una rockstar, ad un idolo dionisiaco e ribelle. Perché il fare teatro non ha nulla a che vedere con il fare, quanto invece con l’essere. Essere in scena, seguire la musica, farsi guidare e scoprire che ogni testo nasconde una miriade di significati.

Il teatro mi insegna ad essere come la Luna. Ogni laboratorio è diverso dall’altro, ogni giorno inventiamo qualcosa di nuovo, che prima non c’era. Ogni mattina, quando lavoro con i ragazzi, improvvisiamo scene semplici per raccontare storie incredibili. La sera, durante le prove di Anna Cappelli e dei Delitti Esemplari (i testi che sto preparando con un gruppo di attori) ogni volta accade qualcosa di nuovo. Ogni volta scopriamo un pezzettino in più di noi e dell’altro. Come la Luna che muta ogni sera, che non è mai la stessa ed è sempre se stessa.

Il teatro e l’azione teatrale sono strettamente connessi alla nostra azione nel mondo: posso portare con me la relazione che ho sperimentato in scena , tradurla.

In teatro c’è bisogno di vuoto, così come ci insegna la Luna Nuova. Le pause, nelle quali avviene molto. L’importanza di non correre, non affrettare, non buttare via. Non si può buttare via quando si è in scena, perché si è importanti. Perché anche il vuoto parla, perché dal vuoto si genera la vita.

La Luna Crescente è il sottotesto; tutto quello che non si esplicita nel lavoro teatrale, ma che c’è. E’ il processo creativo. E’ la costruzione di un personaggio, di una voce, di un gesto. E’ trovare l’inizio, l’entrata, il motore che ci muove.

La Luna Piena è quando l’espressione teatrale ha trovato la sua dimensione – l’essere insieme te e qualcun altro. E’ il dare luce a qualcuno che non esiste e che esiste invece, qui e ora, nel momento in cui ti fai da parte e dai voce e corpo a quel sentire, a quella azione. E’ la manifestazione.

Infine, le note lievi della Luna Calante. Sono l’importanza delle uscite, i respiri tra una parola e l’altra, sono le modulazione più lievi. Il non urlare, il sottovoce, la sicurezza di esserci anche se non gridi.

Nel laboratorio che ho appena tenuto, e che termina tra una settimana, abbiamo assaggiato tutte queste Lune. Ce le siamo messe sulla punta della lingua, e abbiamo sentito il dolce, il salato, il piano, il forte.

Termino con Patti, Patti Smith e la sua Dancing Barefoot: perché una delle prime cose che ho fatto in teatro è stato togliermi le scarpe e sentire il legno del palcoscenico sotto ai piedi.

Here I go and I don’t know why (Vado e non so perchè)
I fell so ceaselessly (Mi sento sempre così)
Could it be he’s taking over me (Può essere che lui mi stia perdendo)

I’m dancing barefoot (Sto danzando a piedi nudi)
Heading for a spin (roteando)
Some strange music draws me in (una strana musica mi attira)
Makes me come on like some heroine (facendomi sentire come certa eroina

 

LA LUNA A PORTATA DI MANO

Oggi ospito sul blog la poetessa, scrittrice, tarot’s reader e amica Francesca Matteoni: ha scritto un pezzo sulla Luna e sulla sua magia. Buona lettura!

La luna a portata di mano

di Francesca Matteoni
La luna è mia madre.
Sylvia Plath
Cosa significa lasciarsi incantare dalla luna, dalla sua luce bianca, solitaria? Cosa fa volgere lo sguardo dei sognatori al satellite misterioso che è falce, sorriso, ferita, frutto pieno, strana faccia?
Nei tarocchi La Luna è il diciottesimo Arcano Maggiore, carta della magia per eccellenza, di un segreto che ci affascina, ci parla, senza che mai davvero possiamo comprenderlo appieno.  La luna inganna, delude, conduce in un viaggio per mare, tra i mostri e le meraviglie abissali dell’inconscio, illumina brevemente i sogni notturni, indica una verità lenta, intima, da accogliere intuitivamente. Per lavorare con la Luna quindi occorre abbandonare il linguaggio comune, scoprirne un altro familiare eppure più libero, bizzarro, una lingua onirica.
Come in una fiaba, le rivelazioni più impreviste avvengono sotto il raggio lunare. Materna e distante insieme la Luna ci raggiunge, modifica la nostra prospettiva, porta il dentro fuori. Proprio come fanno le maree, guidate dalla luna, quando si ritirano e lasciano sulla spiaggia i tesori delle acque. Frammenti, conchiglie, sassolini di vetro, alghe, minuscoli mondi perduti.  Per entrare in contatto con lei, possiamo prima di tutto trasformarla in un amuleto, usando oggetti che entrano facilmente in tasca e che le assomigliano: una vecchia moneta argentata, uno specchietto rotondo, una pietra di luna, un sasso bianco. Cercare poesie, canzoni, storie che abbiano la luna per protagonista, trascriverne i versi sul diario. Ritagliare, raccogliere, colorare, fare collage in un quaderno lunare (moonboard). Trovare animali che le tradizioni connettono alla luna, come la lepre nel mondo celtico, ma anche i rapaci notturni o il gatto di una bellissima poesia di William Butler Yeats, Minnaloushe, i cui occhi-mezzelune contengono la stessa saggezza arcana del satellite.
Possiamo aiutarci con il calendario lunare: sia la tradizione celtica che quella amerinda rinominano le lune in base agli alberi, gli animali, i cicli stagionali. A dicembre, per il calendario celtico, abbiamo una Luna-Sambuco, che protegge i sogni veritieri e fa brillare le memorie e i ricordi. Per i nativi americani gennaio è la Luna del Lupo, febbraio quella della Neve e così via. Attraverso la luna quindi possiamo riarmonizzarci con gli abitanti della natura, con la nostra dimensione naturale, anche se viviamo nelle città, in mezzo alla fretta, ai doveri, alle distrazioni del paesaggio urbano. Anche lì la luna appare, uscendo fra i tetti come una fata, dalle antenne come una foglia immensa.

illustrazione di Wendy Andrew
Uno degli appuntamenti del laboratorio Sogni e Ombre, che condurremo io e Cecilia a partire da gennaio, sarà proprio dedicato alla Luna, ai miti e ai racconti, ma anche al nostro gusto e intuito con cui decoreremo i quaderni personali, armate di forbici, pennarelli, matite e riviste di ogni tipo.
La sera scende presto nell’inverno, la luna si accomoda fra le stelle… e quando si annera prima di un nuovo ciclo possiamo sempre ritrovarla sepolta nelle nostre fantasie. Buona ricerca!